Cervelletto e corteccia cooperano
per pianificare il movimento
GIOVANNI
ROSSI
NOTE E NOTIZIE - Anno XX – 14 ottobre
2023.
Testi
pubblicati sul sito www.brainmindlife.org della Società Nazionale di
Neuroscienze “Brain, Mind & Life - Italia” (BM&L-Italia). Oltre a notizie
o commenti relativi a fatti ed eventi rilevanti per la Società, la sezione
“note e notizie” presenta settimanalmente lavori neuroscientifici selezionati
fra quelli pubblicati o in corso di pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui
argomento è oggetto di studio dei soci componenti lo staff dei recensori della Commissione
Scientifica della Società.
[Tipologia del testo: RECENSIONE]
Alcuni capitoli dei manuali di neurofisiologia
presto non potranno più essere solo aggiornati come si è fatto per decenni, ma dovranno
essere del tutto riscritti, soprattutto per il ruolo del cervelletto, che ormai
appare delineato in modo definito e non più trascurabile[1]. Il cervelletto
interagisce con la neocorteccia per mediare le funzioni cognitive oltre
che, come è noto da decenni, per definire i caratteri dell’esecutività motoria:
cervello e cervelletto sono reciprocamente connessi, attraverso il ponte e il
talamo, da loop o cicli cortico-cerebellari. Lavori recenti suggeriscono
che tali connessioni abbiano un ruolo cruciale nella coordinazione di attività
neocorticali e cerebellari sottostanti specifici comportamenti. Ma, poiché questi
loop o cicli sono in realtà costituiti da molteplici relay in aree dalla topografia complessa, risulta
estremamente difficile risolvere l’esatta costituzione microscopica delle
connessioni interposte e comprendere il modo in cui la corteccia cerebrale e il
cervelletto abbiano organizzato nel corso dell’evoluzione reti specificamente
attive per la conduzione del comportamento.
Quando noi agiamo volontariamente, l’esecuzione
motoria è preceduta da una fase di pianificazione, in cui l’attività
neuronica evolve in uno “stato pronto” per le azioni preparate. Si ritiene che
l’attività preparatoria emerga da processi distribuiti che implicano i cicli
cortico-cerebellari. È opportuno notare che l’attività preparatoria
è stata osservata e descritta nella corteccia frontale, nel ponte, nel talamo e
nel cervelletto. Recenti evidenze dimostrano che tale attivazione, nella
corteccia prefrontale, dipende dal talamo e dai nuclei del cervelletto.
Nel topo, una regione della corteccia frontale, la
ALM, è necessaria per pianificare e avviare il leccamento direzionale. Parti
del cervelletto, in particolare i peduncoli (Crus 1 e 2), intervengono nel
controllo dei movimenti orofacciali. La ALM proietta al cervelletto via nuclei
basali pontini, e il segnale in uscita dai nuclei cerebellari giunge alla parte
del talamo che proietta alla ALM. Perturbazioni del nucleo del fastigio
aboliscono l’attività preparatoria della ALM e influenzano la direzione del
leccamento futuro. Al di là della partecipazione di questi nodi-chiave delle
reti, si ritiene che l’anello critico mancante sia costituito dalla corteccia
del cervelletto che connette l’informazione proveniente dalla neocorteccia
cerebrale alle elaborazioni dei nuclei del cervelletto.
La distribuzione dell’attività preparatoria nella
corteccia cerebrale non è ancora bene compresa, e dunque non è noto il modo in
cui la ALM e il cervelletto formino reti funzionali durante la pianificazione
motoria dei movimenti orofacciali. E non si sa nemmeno se l’attività
preparatoria è orchestrata dal flusso di informazione che va dalla
neocorteccia al cervelletto, o dal flusso che va in direzione opposta, oppure necessita
proprio della reciprocità. In pratica, non si sa come neocorteccia e
cervelletto si organizzino in reti funzionali per mediare specifici
comportamenti.
Jia Zhu e colleghi hanno delineato l’attività a
supporto della pianificazione motoria in rapporto al connettoma
cortico-cerebellare in mesoscala, riuscendo
a identificare un ciclo funzionale cortico-cerebellare e a comprendere
in che modo viene orchestrata la pianificazione motoria.
(Zhu
J., et al., Activity map of a cortico-cerebellar loop underlying motor
planning. Nature Neuroscience – Epub ahead
of print doi: 10.1038/s41593-023-01453-x,
2023).
La provenienza degli autori è la seguente: Department of Neuroscience, Baylor College of
Medicine, Houston, TX (USA); Department of Neuroscience, Erasmus MC, Rotterdam
(Paesi Bassi).
Come già abbiamo fatto in occasioni
recenti[2] proponiamo un richiamo all’anatomia del cervelletto, che qui si riprende
per la parte relativa alla corteccia da una nostra recensione di tre anni fa[3] e, per la struttura nucleare, da un altro nostro articolo di due anni or
sono[4].
Il cervelletto è quella parte dell’encefalo che occupa la fossa
cranica posteriore ed è presente in tutti i vertebrati con uno sviluppo
proporzionato a quello del cervello. Si presenta costituito da tre parti: una
struttura mediana di minore dimensione denominata verme cerebellare,
corrispondente al cervelletto primitivo presente anche nei più bassi vertebrati
(paleocerebello), e due espansioni laterali dette emisferi cerebellari.
È situato nella loggia cerebellare delimitata dal tentorio e si sviluppa
sotto il cervello, dietro il ponte, sopra il bulbo. Il suo diametro trasverso
raggiunge un massimo di dieci centimetri, mentre verticalmente supera raramente
i cinque centimetri per un peso complessivo medio di 140 g, ossia l’ottava
parte del peso del cervello. I solchi del cervelletto consentono di ripartirlo
in tre lobi e numerosi lobuli, accuratamente descritti dagli antichi anatomisti
secondo criteri che non hanno trovato riscontro fisiologico o utilità clinica.
Il
fascino esercitato sugli antichi morfologi dalla struttura corticale
cerebellare costituita da innumerevoli lamelle è stato superiore a quello dell’organizzazione
in rami e ramoscelli diretti ai lobuli della sostanza bianca del centro midollare
o tronco, cui diedero il suggestivo nome di albero della vita. Contrariamente
a quanto creduto da alcuni studiosi contemporanei di storia della medicina,
questa denominazione non trae affatto origine dall’erronea attribuzione al
cervelletto di un ruolo vitale nella fisiologia dell’organismo, ma dall’analogia
morfologica con la tuia (Thuja, L. 1753), una
pianta arborea sempreverde delle Cupressaceae che presenta, al posto di
foglie larghe, verdi diramazioni e sotto-diramazioni multiple costituite da
minuscole scagliette foliacee[5]. A differenza del cervello, in cui la
sostanza bianca ha un’enorme espansione indipendente con le sue strutture
interemisferiche e il centro ovale di Vieussens, entrando solo perifericamente nella
costituzione dei giri corticali, nel cervelletto l’aggregato pirenoforico
corticale segue come un rivestimento tutte le diramazioni della sostanza bianca
che, nell’aspetto morfologico macroscopico delle sezioni dell’organo, appare
come un semplice complemento della preponderante struttura grigia.
La corteccia
del cervelletto ha lo spessore di un millimetro o un millimetro e mezzo, e
al taglio rivela due zone di aspetto differente: 1) uno strato esterno o
superficiale di colore grigio pallido; 2) uno strato interno o profondo
dal colorito tendente al fulvo rossastro, che giustifica la definizione di strato
rugginoso.
L’esame
microscopico della corteccia cerebellare consente di distinguere uno strato
esterno o molecolare, che costituisce circa la metà dell’intera struttura e
presenta abbondanza di fibre e scarsità di cellule, e uno strato interno o
granuloso caratterizzato da numerosissime cellule.
Fra queste
due lamine di tessuto grigio si interpone uno strato intermedio o zona
mediana, sottile ma caratterizzata da una fila di neuroni esclusivi del cervelletto
e dalla morfologia inconfondibile: le cellule di Purkinje.
Le cellule
di Purkinje sono disposte a formare una fila abbastanza regolare, anche se a
tratti si notano lievi irregolarità, perché alcuni di questi neuroni inibitori
GABAergici sono dislocati verso la superficie esterna della corteccia, non in
linea con la maggioranza, tanto da meritarsi il nome di “cellule spostate”, con
il quale erano state descritte da Santiago Ramon y Cajal. Le cellule di Purkinje
sono piriformi, con l’asse maggiore di 50-60 micron e una larghezza non superiore
ai 25-30 micron, e presentano al polo superiore, rivolto verso la superficie
esterna della corteccia, un tronco dendritico di grande calibro che si divide
presto in grosse diramazioni principali, dalle quali originano, con una
morfologia che ricorda un po’ quella dei rami della quercia, diramazioni
secondarie e terziarie, che penetrano nello strato molecolare. L’espansione a
ventaglio si risolve in una “lussureggiante arborizzazione che si può seguire
fino alla superficie piale”[6], secondo la descrizione classica. Sui rami si
possono osservare le numerosissime spine dendritiche, che in questi
neuroni sono state accuratamente studiate nell’ultrastruttura al microscopio elettronico.
È interessante la disposizione della fitta arborizzazione dendritica delle
cellule di Purkinje, che Obersteiner paragonò a una pianta di vivaio fatta
sviluppare intorno a un “sostegno a spalliera”, da cui la denominazione di spalliera
dendritica che si adotta attualmente. Questa struttura è infatti disposta
su un piano ortogonale rispetto a quello principale della lamella della
corteccia del cervelletto, per cui si dice che l’arborizzazione a spalliera “si
espande per traverso alla lamella”[7].
Dal polo
opposto o interno della cellula di Purkinje origina il neurite che diventa
cilindrasse, ossia assone rivestito di mielina[8], presentando la caratteristica di un diametro
inferiore a quello del tronco dendritico, all’opposto di quanto accade per la
maggior parte dei neuroni. Dopo un tratto più o meno breve, l’assone emette rami
collaterali, alcuni dei quali terminano nello strato granuloso mentre altri
risalgono come collaterali retrogradi fino al molecolare dove assumono
decorso orizzontale e terminano circondando con una terminazione anulare il
tronco dendritico della stessa cellula, di un’altra o di numerose altre cellule
di Purkinje, realizzando un controllo inibitorio retrogrado dell’input
che arriva dalle sinapsi formate dalle spine della spalliera dendritica con i
neuriti dei neuroni che compongono la citoarchitettonica corticale. Dopo aver
emesso i collaterali, proseguendo il suo percorso, il neurite entra con la
miriade di altri cilindrassi omologhi nella sostanza midollare, dove
costituisce la connessione diretta ai nuclei centrali del cervelletto, ossia la
via cortico-nucleare cerebellare.
In estrema
sintesi la struttura della corteccia cerebellare può essere schematizzata come
segue.
1)
Lo strato molecolare, esterno, caratterizzato
dalla cellula dei canestri: contiene ramificazioni dendritiche delle cellule
di Purkinje, le fibre rampicanti e i rami orizzontali dei neuriti dei
granuli, che costituiscono la maggioranza delle fibre di questo strato.
2)
Lo strato granuloso, interno, caratterizzato
dal tipo neuronico del granulo e dai caratteristici glomeruli cerebellari
nei quali si incontrano le fibre muscoidi e i dendriti dei granuli. Tutto
lo spessore è attraversato da fibre muscoidi e fibre rampicanti, come
da tutte le altre fibre afferenti, e contiene il corpo delle cellule a pennacchio,
particolari elementi della glia descritti per la prima volta da Cajal.
3)
Lo strato intermedio delle cellule di Purkinje
attualmente descritto come parte dello strato molecolare, che è stato
considerato in passato l’elemento base del cervelletto. Infatti, alle singole
cellule di Purkinje, che ricevono segnali dalle fibre rampicanti direttamente e
dalle fibre muscoidi indirettamente per interposizione dei granuli, e forniscono
l’unico output dalla corteccia, è stato dato il nome di “cervelletto
istologico”.
La corteccia del cervelletto è la regione dell’encefalo in cui è stata
stabilita con maggiore precisione la correlazione fra anatomia e fisiologia, e l’affascinante
ricerca che ha portato alla definizione della sua architettura cellulare ha
avuto inizio nel 1888 con gli studi realizzati da Santiago Ramòn y Cajal, usando
il metodo dell’impregnazione argentica di Camillo Golgi, ed è proseguita nel
secolo successivo grazie soprattutto alle osservazioni di sir John C. Eccles e collaboratori.
Dalla scuola di Eccles proveniva Rodolfo R. Llinas, che nel 1975 integrò il suo
contributo sperimentale in una sintesi schematica e concettuale resa in una iconografia
ancora oggi adoperata per illustrare la disposizione nelle tre dimensioni dello
spazio degli elementi che formano i circuiti della corteccia cerebellare[9].
Con questi studi classici fu anche definita la natura delle fibre
muscoidi e delle fibre rampicanti. Entrambi i tipi di assoni sono eccitatori,
ma obbediscono a criteri funzionali differenti e sostanzialmente opposti.
Le fibre rampicanti provengono da formazioni distanti, come il nucleo
olivare inferiore, e ciascuna si dirige verso la cellula di Purkinje che
costituisce il suo specifico bersaglio fin dallo sviluppo embrionario e sulla
quale forma anche più di 300 sinapsi: la scarica della fibra rampicante è
estremamente violenta e fa scomparire ogni attività del neurone di Purkinje,
come fu dimostrato già nel 1964 da Eccles, Sasaki e Llinas.
Le fibre muscoidi, al contrario, eccitano numerose cellule di Purkinje,
formando solo poche sinapsi su ciascuna di esse, e le raggiungono sempre con l’intermediazione
dei piccoli interneuroni detti granuli.
Una descrizione anche sintetica dell’organizzazione funzionale della
corteccia del cervelletto richiederebbe uno spazio di dimensioni sproporzionate
in rapporto al testo e all’oggetto dell’articolo, per cui si rimanda alle
trattazioni di neuroanatomia funzionale, corredate da immagini che consentono
la comprensione dei rapporti reciproci fra cellule e dell’organizzazione
spaziale di questi sistemi neuronici[10].
All’interno della struttura del
cervelletto le lamine midollari confluiscono formando una massa di sostanza
bianca centrale che contiene i tipici quattro nuclei pari: dentato, globoso,
emboliforme e nucleo del tetto.
Il nucleo dentato è il più grande
e laterale dei nuclei, e si presenta come una lamina di neuroni irregolarmente
ripiegata, che racchiude una massa di fibre principalmente costituite da assoni
e dendriti dei neuroni dentati; queste cellule sono di media grandezza (20-30
micron). La sua forma ricorda quella di una borsetta di pelle con l’apertura
rivolta in direzione mediale, e corrispondente all’ilo del nucleo che
contribuisce alla costituzione del peduncolo cerebellare superiore.
Il nucleo globoso (o n.
posteriore interposto) è sito medialmente al nucleo emboliforme ed è continuo
con il nucleo del tetto. Come gli assoni del nucleo dentato e dell’emboliforme
le fibre dei suoi neuroni entrano nella costituzione del peduncolo cerebellare
superiore.
Il nucleo emboliforme (o n. anteriore
interposto) è laterale al nucleo globoso e si continua lateralmente con il
nucleo dentato.
Il nucleo del tetto è
localizzato in prossimità della linea mediana, al margine del tetto del quarto
ventricolo. I neuroni di questo nucleo sono prevalentemente di grandi dimensioni
(40-70 micron) e una gran parte dei loro assoni incrocia nella sostanza bianca
della commessura cerebellare[11]. Dopo la loro decussazione, costituiscono il fascicolo uncinato che
passa dorsalmente al peduncolo cerebellare superiore per giungere al nucleo vestibolare
del lato opposto. Le fibre che non incrociano entrano nel nucleo vestibolare
omolaterale; un piccolo contingente ascende verso il peduncolo cerebellare
superiore[12].
La sperimentazione
recente ha fornito dati molecolari a sostegno degli studi che hanno dimostrato
un ruolo del cervelletto nella fisiologia cognitiva, in particolare modulando
il circuito a ricompensa dopaminergico, il linguaggio e il comportamento
sociale.
I nuclei
del cervelletto possono essere definiti sub-strutture che trasferiscono
informazioni elaborate nel cervelletto da questa sede ad altri territori dell’encefalo.
Un elemento caratteristico della specie umana è il notevole sviluppo della
connessione di questi aggregati grigi con la corteccia cerebrale del lobo
frontale[13].
Ritorniamo
ora al lavoro di Jia Zhu e colleghi.
Come si è più sopra accennato, i ricercatori hanno delineato l’attività a
supporto della pianificazione motoria in rapporto al connettoma
cortico-cerebellare in mesoscala.
Nel topo, la pianificazione del leccamento direzionato basato sulla memoria
a breve termine e dell’attività preparatoria, che istruisce il futuro movimento,
dipende dalla corteccia motoria antero-laterale (ALM) e dal cervelletto.
Il tracciamento trans-neuronico ha rivelato una connettività ampiamente a
ciclo aperto tra la ALM e regioni distribuite del cervelletto.
Jia Zhu e colleghi hanno rilevato, da una revisione
dell’attività neuronica estesa a tutto il cervelletto, una ricca attività
preparatoria in regioni hotspot con una connettività congiuntiva input-output
alla ALM. Esperimenti di perturbazione hanno mostrato che erano richieste regioni
di congiunzione per mantenere l’attività preparatoria e il conseguente
movimento corretto. Altre regioni del cervelletto contribuivano poco
alla pianificazione motoria, nonostante la connettività in input o output
con la ALM.
In conclusione, questi risultati identificano un ciclo funzionale
cortico-cerebellare e suggeriscono che la corteccia del cervelletto
stabilisca comunicazioni reciproche cortico-cerebellari per orchestrare
la pianificazione motoria.
L’autore della nota ringrazia la dottoressa Isabella Floriani per la correzione della bozza e
invita alla lettura delle recensioni di argomento connesso che appaiono nella sezione “NOTE E NOTIZIE” del
sito (utilizzare il motore interno nella pagina “CERCA”).
Giovanni Rossi
BM&L-14 ottobre 2023
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è registrata presso l’Agenzia delle Entrate di Firenze, Ufficio Firenze 1, in data
16 gennaio 2003 con codice fiscale 94098840484, come organizzazione scientifica
e culturale non-profit.
[1] Altre due ragioni per la
riscrittura, ma non ancora supportate da nozioni sufficienti per diventare
immediatamente esecutive, sono i ruoli svolti dalla glia, e in particolare
dagli astrociti, e la neurofisiologia delle funzioni superiori centrata sull’identità
funzionale delle reti e non su rapporti di localizzazione discreta (es.: paura-amigdala)
come si continua a fare pur riferendo della partecipazione di tante altre
strutture ad ogni funzione.
[2] Note e Notizie 30-09-23 Cervelletto in anatomia e filogenesi in 56 specie di
mammiferi; Note
e Notizie 16-09-23 Interneuroni
del cervelletto controllano il consolidamento mnemonico.
[3] Note e Notizie 26-09-20 La corteccia
del cervelletto umano è sorprendente.
[4] Note e Notizie 23-01-21 Origine
nel cervelletto delle connessioni cognitive.
[5] Il nome greco θυία vuol dire “cedro” ed è stato dato
per l’odore emanato dal legno di questa pianta. Originaria di Cina, Giappone, Alaska
e regione dei grandi laghi del Nord America, in latino era detta Arbor vitae; come vuole la legge linguistica del
“conservatorismo della periferia”, in America si è mantenuta la forma latina abbandonata
in Europa ed è ancora chiamata arborvitae. L’origine
della denominazione della sostanza bianca cerebellare è riportata nel Trattato
di Anatomia Umana di Testut e Latarjet (vol. III, p. 241, UTET, Torino 1974
e seguenti ristampe), nel quale la translitterazione dal greco è resa con thuya.
[6] Testut e Latarjet, op. cit., vol.
III, p. 242.
[7] Testut e Latarjet, op. cit., ibidem.
[8] Ricordiamo che fu Purkinje, lo
scopritore di queste cellule, che introdusse il termine “cilindrasse” per
denominare l’assone rivestito da mielina nel sistema nervoso centrale e
distinguerlo dai neuriti delle fibre amieliniche.
[9] Llinas R. R., La corteccia del
cervelletto. Le Scienze 81, maggio 1975, ristampato in Il Cervello –
organizzazione e funzioni (a cura di Angelo Majorana), pp. 120-131, Le
Scienze Editore, Milano 1978.
[10] Note e Notizie 26-09-20 La corteccia
del cervelletto umano è sorprendente.
[11] È interessante notare che non si
tratta di fibre commissurali come quelle del cervello, dove il corpo calloso,
ad esempio, connette punti omotopici dei due emisferi. Anche se si chiamano
commissurali, le fibre del cervelletto semplicemente attraversano la linea
mediana, ma hanno una diversa identità morfo-funzionale.
[12] Note e Notizie 23-01-21 Origine
nel cervelletto delle connessioni cognitive.
[13] Questo richiamo sintetico all’anatomia
cerebellare si trova anche in Note e Notizie
15-10-22 Il cervelletto nella memoria emozionale, in cui si recensisce un interessante studio di Matthias Fastenrath e colleghi.